sabato 30 agosto 2008

Articolo su L'Unità

«Possono portarli via da un momento all'altro...» Due ventenni rischiano 10 anni di carcere in Grecia per 21 grammi di hashis

E' piccola Santarcangelo. Da fuori dicono sia la «città dei matti e dei poeti»: Tonino Guerra, Raffaello Baldini. Da dentro è solo un paese dove si conoscono tutti, anche solo di vista. Una realtà che oggi impatta violentemente con l'incubo kafkiano in cui sono precipitati Luca e Davide, i due ventenni che rischiano 10 anni di carcere per ventuno grammi di hashish, per una vacanza troppo spensierata in Grecia, tre anni fa, che oggi si traduce nella concessione dell'estradizione da parte dell'Italia.

«Luca e Davide hanno bisogno del nostro appoggio. Non lasciamoli soli!!!». Da ieri pomeriggio a Santarcangelo di Romagna un gruppo di ragazzi dell'associazione "Ora d'aria" lanciano l'appello. Cercano di aiutare come possono due loro amici, Luca Zanotti e Davide D'Orsi. Grecia, 2005, un'auto e due amici, con in più un po' di "fumo". Che ad un controllo di polizia vicino a Kalamata trasforma tutto in un incubo. Ventun grammi appena, la scorta per qualche giorno spensierato dopo una stagione di lavoro. Ma bastano per quella legislazione a far pendere sui ragazzi un'accusa di traffico internazionale, trasporto e detenzione di stupefacenti.

Ora Luca, la sua famiglia, gli amici raccolti nella piazza, stanno aspettando: dovrà tornare in Grecia, su di lui un mandato di cattura internazionale. Il Tribunale di Bologna ha deciso di accogliere la domanda di estradizione greca. Quando l'ha saputo, pochi giorni fa, ha avuto un tracollo: ospedale. Vuol dire andare in carcere di là dall'Adriatico senza sapere nulla, né quando si celebrerà il processo, tanto meno l'esito. E il rischio, vista l'accusa, è dieci anni. E da ieri, da quando l'hanno dimesso dal piccolo ospedale di Santarcangelo, tutti si aspettano che da un momento all'altro sia portato via.

«Luca non se l'aspettava, è stato preso in contropiede - dice Michela Paganelli, la presidente di "Ora d'aria" - cerchiamo di darci da fare, per darci forza e speriamo che la dia anche a lui». Hanno preso a prestito un tavolo dalla cucina di un'amica poco lontano. L'hanno portato via così, al volo, con sotto ancora il grosso tagliere per la pasta, immancabile nelle vecchie cucine romagnole. Un paio di plance e qualche volantino, in mezzo alla placida vita del paese. Dietro due bambine giocano a palla, mentre nel viavai che precede l'aperitivo la gente da un'occhiata, si fermano a firmare un appello. Passano un paio di volte i carabinieri.

Arrivano gli amici, in bicicletta, scambiano qualche parola, si organizzano per il prossimo passo, venerdì 5 settembre organizzeranno una manifestazione in piazza. Verrà a parlare Roberto Zappaterra, «un ragazzo di Reggio Emilia che ha vissuto un'esperienza simile». Nel corso di un'immersione trova dei reperti: lo arrestano e si farà 6 mesi di carcere preventivo, prima dell'assoluzione. Poi parlerà l'avvocato, Carlo Alberto Zaina, poi si vedrà: l'organizzazione è in corso. «Vorremmo ci fosse anche Luca alla manifestazione, ma sappiamo che lo possono venire a prendere da un momento all'altro». Altre incognite gravano su tutti: «Qui ci lamentiamo della lentezza della giustizia. Ma di là, in Grecia? - si chiede Angela - non si sa quando si terrà il processo. Quanto lo terranno in galera, 6 mesi, un anno?».

Al banchetto arriva il padre di Luca, Paolo Zanotti. «Sono in gamba questi ragazzi» - ci dice sorridendo. Quarantotto anni, impiegato, sembra molto più giovane e non ha l'aria abbattuta. Al contrario, «in questi giorni mi sono accorto che in famiglia più è dura e più ci crediamo». Ma è preoccupato per Luca. «Non l'ho visto molto bene, è abbastanza provato. Beh, è deperito per l'ospedale, ma questa storia lo sta debilitando a livello psicologico. Spero non molli: è stato bravo fino ad adesso. Ma siamo solo al prologo. Se potessi gli darei la grinta che ho io». «L'assurdo - continua - non è solo l'imputazione, ma che dobbiamo andare là ad aspettare il processo e la sentenza. E là i processi sono più lunghi e le carceri... si possono criticare quelle italiane, ma là lo sono ancora di più...Speriamo almeno di limitare la permanenza in carcere... Credo che quello che doveva imparare da questa storia lo abbia già imparato duramente. Sono le cose dure che ti fanno imparare».

Pubblicato su L'Unità, fascicolo nazionale, pag. 13 e richiamo in prima.

Fonte: www.enricorotelli.it